Le sale
Le sale
la storia dei murazzi
l'isola e le difese a mare
La Sala Bianca propone un viaggio alla scoperta della più grande opera di difesa a mare voluta dalla Repubblica di Venezia: i Murazzi.
Un’attenta ricostruzione che si snoda attraverso plastici, che ripercorrono l’evoluzione degli interventi di salvaguardia, e fonti storiche e cartografiche, che testimoniano come la forma stessa dell’isola di Pellestrina sia stata modellata nei secoli dalla natura e dall’uomo.
Quello della salvaguardia dei lidi era un problema fortemente sentito già da quelle popolazioni che, a seguito delle invasioni dei Longobardi nell’entroterra nel 589 d.C., avevano trovato rifugio nelle isole della laguna di Venezia. Furono questi popoli i fautori del primo rudimentale sistema difensivo per contrastare la forza del mare: costituito prima da ceste di vimini riempite da sassi e, nel corso dei secoli, perfezionato e irrobustito mediante palizzate e catene.
Con l’avvento della Serenissima, queste difese assunsero un’importanza fondamentale per Venezia, città anfibia, che non conobbe mai un sistema difensivo di cinte murarie, ma da sempre si sentì naturalmente protetta dall’acqua e dai cordoni sabbiosi che chiudevano la sua laguna. Pertanto la Repubblica pose continua attenzione alla salvaguardia dei lidi circostanti, minacciati non solo dall’acqua del mare ma anche da quella dei fiumi che, allora numerosi, ne sfociavano in prossimità.
Per ben 600 anni – dal 1299, anno in cui si registra il primo allarme per l’alluvione del fiume Brenta dalla parte di Fusina, al 1797, anno dell’occupazione napoleonica cui conseguì la cessione di Venezia all’Austria – assistiamo alla delibera, da parte della Serenissima, di tutta una serie di interventi atti a modificare il territorio e a garantirne la sopravvivenza.
la storia dei murazzi
l'isola e le difese a mare
La Sala Bianca propone un viaggio alla scoperta della più grande opera di difesa a mare voluta dalla Repubblica di Venezia: i Murazzi.
Un’attenta ricostruzione che si snoda attraverso plastici, che ripercorrono l’evoluzione degli interventi di salvaguardia, e fonti storiche e cartografiche, che testimoniano come la forma stessa dell’isola di Pellestrina sia stata modellata nei secoli dalla natura e dall’uomo.
Quello della salvaguardia dei lidi era un problema fortemente sentito già da quelle popolazioni che, a seguito delle invasioni dei Longobardi nell’entroterra nel 589 d.C., avevano trovato rifugio nelle isole della laguna di Venezia. Furono questi popoli i fautori del primo rudimentale sistema difensivo per contrastare la forza del mare: costituito prima da ceste di vimini riempite da sassi e, nel corso dei secoli, perfezionato e irrobustito mediante palizzate e catene.
Con l’avvento della Serenissima, queste difese assunsero un’importanza fondamentale per Venezia, città anfibia, che non conobbe mai un sistema difensivo di cinte murarie, ma da sempre si sentì naturalmente protetta dall’acqua e dai cordoni sabbiosi che chiudevano la sua laguna. Pertanto la Repubblica pose continua attenzione alla salvaguardia dei lidi circostanti, minacciati non solo dall’acqua del mare ma anche da quella dei fiumi che, allora numerosi, ne sfociavano in prossimità.
Per ben 600 anni – dal 1299, anno in cui si registra il primo allarme per l’alluvione del fiume Brenta dalla parte di Fusina, al 1797, anno dell’occupazione napoleonica cui conseguì la cessione di Venezia all’Austria – assistiamo alla delibera, da parte della Serenissima, di tutta una serie di interventi atti a modificare il territorio e a garantirne la sopravvivenza.
4 novembre 1966
la grande paura
Un tunnel buio è lo spazio espositivo scelto per raccontare la Grande Paura: l’alluvione del 4 novembre 1966.
Foto e immagini video della Sala Nera testimoniano non solo la gravità e le proporzioni dell’evento, ma anche la solidarietà dei soccorsi, gli approvvigionamenti alla popolazione, la partecipazione delle autorità.
Particolarmente toccante il filmato realizzato dal Comune di Venezia in occasione del 30° anniversario dell’alluvione nel 1996, frutto di un minuzioso lavoro corale che raccoglie testimonianze e documenti originali degli isolani che vissero in prima persona l’evento. La voce narrante è filo conduttore del video: racconta le pagine del diario del maresciallo dei Carabinieri Giovanni Cester, scritte nelle drammatiche ore dell’alluvione.
Nella memoria degli abitanti dell’isola di Pellestrina sono ancora impressi i ricordi di quel terribile giorno in cui l’acqua del mare e quella della laguna, gonfiate dal forte vento di scirocco, si toccarono, sommergendo orti, strade e case e spezzando in tre punti il poderoso Murazzo in pietra d’Istria.
Se il vento non fosse cambiato, sarebbe stata a rischio di distruzione anche Venezia.
4 novembre 1966
la grande paura
Un tunnel buio è lo spazio espositivo scelto per raccontare la Grande Paura: l’alluvione del 4 novembre 1966.
Foto e immagini video della Sala Nera testimoniano non solo la gravità e le proporzioni dell’evento, ma anche la solidarietà dei soccorsi, gli approvvigionamenti alla popolazione, la partecipazione delle autorità.
Particolarmente toccante il filmato realizzato dal Comune di Venezia in occasione del 30° anniversario dell’alluvione nel 1996, frutto di un minuzioso lavoro corale che raccoglie testimonianze e documenti originali degli isolani che vissero in prima persona l’evento. La voce narrante è filo conduttore del video: racconta le pagine del diario del maresciallo dei Carabinieri Giovanni Cester, scritte nelle drammatiche ore dell’alluvione.
Nella memoria degli abitanti dell’isola di Pellestrina sono ancora impressi i ricordi di quel terribile giorno in cui l’acqua del mare e quella della laguna, gonfiate dal forte vento di scirocco, si toccarono, sommergendo orti, strade e case e spezzando in tre punti il poderoso Murazzo in pietra d’Istria.
Se il vento non fosse cambiato, sarebbe stata a rischio di distruzione anche Venezia.
la pesca
di mare e di laguna
I riflessi delle pareti che rimandano all’acqua avvolgono in un’atmosfera suggestiva i plastici che ricostruiscono i fondali di mare e laguna, e la pesca praticata prima della motorizzazione, con le sue imbarcazioni, le sue reti, le sue tecniche.
Nomi antichi e densi di storia – tressi, cogoli, serage, saltarello, chebe -, e i pesci che costituiscono il linguaggio comune di tutto il Mediterraneo e della sua civiltà: seppie, cefali, sogliole, triglie… Attrezzi della tradizione e riproduzioni delle diverse specie di pesci completano l’arredo della Sala Azzurra.
La pesca ha costituito in passato, assieme all’orticoltura e alla cantieristica, una delle attività tradizionali della popolazione isolana: pesca di laguna e pesca di mare, con tecniche e organizzazione diverse, sia delle reti che delle imbarcazioni. E ancora, pesca da posta e pesca a strascico: sistemi fissi e mobili di reti, un tempo costruite dalle abili mani dei pescatori, che erano anche esperti vogadori, e portavano velocemente a remi il pesce al mercato di Rialto.
la pesca
di mare e di laguna
I riflessi delle pareti che rimandano all’acqua avvolgono in un’atmosfera suggestiva i plastici che ricostruiscono i fondali di mare e laguna, e la pesca praticata prima della motorizzazione, con le sue imbarcazioni, le sue reti, le sue tecniche.
Nomi antichi e densi di storia – tressi, cogoli, serage, saltarello, chebe -, e i pesci che costituiscono il linguaggio comune di tutto il Mediterraneo e della sua civiltà: seppie, cefali, sogliole, triglie… Attrezzi della tradizione e riproduzioni delle diverse specie di pesci completano l’arredo della Sala Azzurra.
La pesca ha costituito in passato, assieme all’orticoltura e alla cantieristica, una delle attività tradizionali della popolazione isolana: pesca di laguna e pesca di mare, con tecniche e organizzazione diverse, sia delle reti che delle imbarcazioni. E ancora, pesca da posta e pesca a strascico: sistemi fissi e mobili di reti, un tempo costruite dalle abili mani dei pescatori, che erano anche esperti vogadori, e portavano velocemente a remi il pesce al mercato di Rialto.